Malattie Rare: intervista alla prof.ssa Alessandra Murgia

29 febbraio: è una data che fa capolino nel calendario ogni quattro anni e proprio il 2020 ce l’ha riservata. Una data così poco frequente che, non a caso, è stata scelta per celebrare la Giornata delle Malattie Rare*.

“Ma rare queste malattie, in taluni casi, non lo sono affatto”. Ad affermarlo è la prof.ssa Alessandra Murgia, medico pediatra del Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino e responsabile del Laboratorio di Genetica Molecolare del Neurosviluppo presso l’Istituto di Ricerca Pediatrica Città della Speranza.
“Alcune patologie rare sono più frequenti di altre, pur restando entro la soglia stabilita dall’Unione Europea di 5 casi su 10mila persone, e altre sono talmente rare tali da colpire poche persone al mondo. Fare una stima di quanti siano i casi non è facile”.
Secondo Eurordis, la federazione che rappresenta circa 900 associazioni di pazienti affetti da malattie rare in tutta Europa, le malattie rare riconosciute sono oltre 6mila, interessano oltre 300 milioni di persone in tutto il mondo e sono prevalentemente di origine genetica.
“Le malattie rare rappresentano un reale problema di salute pubblica e, di conseguenza, hanno un impatto importante sulla collettività – aggiunge la prof.ssa Murgia –. Anzitutto vi deve essere la consapevolezza che non è possibile occuparsi di tutte le malattie rare. Si lavora per ambiti e competenze perché la conoscenza quanto più approfondita di un dato problema permette di capirne le caratteristiche e di gestirlo al meglio dal punto di vista sia clinico che scientifico”.
Al fine di valorizzare gli ambiti di competenza sulle malattie rare sono stati creati gli European Reference Networks (ERN), reti europee di eccellenza che coinvolgono, a vari livelli, professionisti, rappresentanti dei pazienti e istituzioni per condividere le informazioni sulle attività e gli sviluppi futuri.
“Padova gioca un ruolo di primo piano poiché, tramite l’Azienda Ospedaliera, è presente in 19 ERN su 24. Per l’ambito che ci compete, essi vanno, per esempio, dalla disabilità intellettiva ai disturbi del neurosviluppo malformativi e non malformativi. Ciò è determinato dal buon livello di assistenza fornito dal sistema sanitario nazionale e regionale, fermo restando che una gestone ottimale delle malattie rare dovrebbe garantire team multidisciplinari, spazi dedicati e continuità assistenziale dall’età pediatrica a quella adulta. Purtroppo non è detto che questo avvenga allo stesso modo ovunque”.
In tale contesto, il Laboratorio di Genetica Molecolare del Neurosviluppo di IRP fornisce un supporto fondamentale allo studio di disabilità intellettive, patologie dello spettro autistico, epilessie dell’età evolutiva, disturbi del movimento dell’età evolutiva, ipoacusie.
“La nostra expertise ci ha permesso di diventare centro di riferimento per le patologie X Fragile, dovute ad una mutazione del gene FMR1 che è causa di disabilità cognitiva – continua il medico –. Occupandoci della genetica e della diagnostica molecolare di questo gene e delle sue alterazioni sin dal 1992, possiamo far leva su una casistica molto elevata di soggetti e famiglie. Il salto di qualità, tuttavia, è arrivato nel 2014 quando, a seguito di due trial clinici internazionali che non hanno dato i risultati sperati dal punto di vista farmacologico, abbiamo puntato sulla creazione di una rete multidisciplinare. Quei pazienti, infatti, avevano trovato beneficio dalla presa in carico da parte di un team dedicato. Per un ospedale pediatrico quale noi siamo, la multidisciplinarietà è intrinseca e, quindi, più facile da far emergere. Da quel momento è stato avviato un dialogo anche con specialisti che si occupano dell’adulto, poiché i bimbi con X Fragile sono figli o nipoti di portatori di questa alterazione genetica che, pur non presentando questa sindrome, possono sviluppare altre manifestazioni”.
In Italia, i casi di sindrome X Fragile sono più frequenti di quanto si possa pensare, sebbene un numero esatto non esista (gli studi sono stati fatti prevalentemente su popolazioni anglosassoni). Si tratta della causa più frequente di disabilità intellettiva familiare in assoluto, seconda solo alla sindrome di Down, ed è la singola causa monogenica più comune di patologia dello spettro autistico. Ha una frequenza di circa 1:4000 nei maschi e di 1:6000 nelle femmine.
“Il nostro lavoro sulla sindrome X Fragile si svolge in collaborazione con l’associazione nazionale delle famiglie – conclude la prof.ssa Murgia –. È fondamentale che quanto facciamo abbia un impatto sui pazienti e le loro famiglie, per tale ragione chiediamo il loro confronto, ci proponiamo di rispondere alle loro esigenze e ricerchiamo poi un feed back. Il nostro lavoro deve fare la differenza”.

 

*Quando l’anno non è bisestile, tale Giornata viene anticipata al 28 febbraio.