“My first IRP Grant”, l’esperienza di Bianca Calì all’Institut Curie di Parigi

Un anno fa si è aggiudicata il “My first IRP Grant”, ovvero un finanziamento di 100mila euro nell’ambito del primo bando interno promosso dalla Direzione Scientifica dell’Istituto di Ricerca Pediatrica grazie ai fondi messi a disposizione dalla Fondazione Città della Speranza. La peculiarità di quel bando e il carattere innovativo del suo progetto l’hanno portata, oggi, in Francia, dove sta consolidando la propria esperienza scientifica.

Lei è Bianca Calì, biotecnologa di 32 anni, siciliana di origine ma trevigiana di adozione, che lavora nel Laboratorio di Infiammazione e Angiogenesi, parte della più ampia area di ricerca in Immunologia e Neuroimmunologia, coordinata dalla prof.ssa Antonella Viola.

La sua non è la “fuga di un cervello”, sia chiaro! IRP, oramai, sta diventando sempre più polo attrattore, tanto da (ri)chiamare progressivamente in Italia i ricercatori. Ma proprio perché tiene loro, IRP concede agli under 35, attraverso il “My First Grant”, di trascorrere un periodo di formazione di un anno in un contesto internazionale di rilievo.

Una buona pratica (ripresa anche nel bando 2019/2020 con due ricercatrici che partiranno rispettivamente per la Gran Bretagna e la Germania), che vede Bianca impegnata nell’autorevole Institut Curie – Centre de recherche et traitement du cancer en France. A circa cinque mesi di distanza dal suo arrivo, ci siamo fatti raccontare come sta andando l’esperienza.

 

In che cosa consiste il progetto di ricerca che stai sviluppando?

Sto studiando i meccanismi che regolano la migrazione dei neutrofili dal sangue ai tessuti infiammati. I neutrofili sono specifici globuli bianchi in grado di uccidere velocemente i microbi non appena insorgono delle infezioni. Tuttavia, per far bene il loro lavoro, queste cellule devono essere in grado di attraversare i rigidi vasi sanguigni, con un processo che si chiama “extra-vasazione”. Esistono diverse malattie genetiche in cui i globuli bianchi non sono in grado di extra-vasare e tutte sono associate a una elevata predisposizione alle infezioni. Bisogna inoltre sottolineare che, durante l’extra-vasazione, queste cellule sono sottoposte ad un insieme di stress meccanici che ne inducono la loro stessa deformazione, influenzando la risposta immunitaria. Grazie al “My first IRP Grant”, mi occupo di identificare le molecole e i processi biofisici che regolano la deformazione dei neutrofili durante la loro extra-vasazione e, quindi, la risposta immunitaria contro le infezioni.

 

Dallo scorso settembre ti trovi in Francia, dove rimarrai fino alla prossima estate, come previsto dal bando. Come sta procedendo?

Davvero molto bene! Il “My first IRP Grant” mi sta dando la grande opportunità di lavorare in uno degli istituti di ricerca più prestigiosi di tutta Europa, l’Institut Curie di Parigi, con il gruppo di ricerca del Dr. Matthieu Piel, biofisico di fama internazionale che studia le proprietà meccaniche delle cellule durante la loro migrazione, sfruttando tecnologie esclusive basate sulla microfabbricazione di dispositivi in silicone che mimano le strutture corporee. Il gruppo è costituito da 14 ricercatori di diversa nazionalità e formazione. La sinergia tra biologi, fisici e ingegneri rappresenta il punto di forza del laboratorio e consente lo sviluppo di tecnologie sempre più innovative per rispondere a domande scientifiche sempre più complesse. Al momento, ad esempio, sto cercando di creare dei dispositivi molto simili ai capillari sanguigni, con i quali osservare al microscopio la deformazione degli organelli cellulari durante l’extra-vasazione dei neutrofili.

 

Quali differenze noti nell’approccio alla ricerca tra l’Italia e la Francia?

L’approccio alla ricerca, in termini di rigore scientifico e organizzazione pratica del lavoro, non è assolutamente diverso: si lavora tanto e con ritmi serrati! Anche la precarietà del lavoro per i giovani ricercatori e l’elevata burocratizzazione sono sovrapponibili. La disponibilità di finanziamenti, invece, è drammaticamente diversa. È noto a tutti che in Italia, a parte rare opportunità come quelle offerte da IRP, l’accesso ai fondi per la ricerca è limitato, mentre in Francia ci sono molte più possibilità.

 

Cosa apprezzi della Francia e cosa ti manca dell’Italia?

Lavorare in un laboratorio così internazionale, popolato da ricercatori provenienti da diversi Paesi europei, ma anche da Cile, India e Brasile, mi sta offrendo la grande opportunità di conoscere culture e abitudini diverse, imparare lingue diverse e di arricchirmi ogni giorno di più. Approfitto dei week-end per scoprire i quartieri di Parigi e visitare gli splendidi musei che la città offre. Tuttavia, mi manca poter interagire direttamente con i miei cari, e non attraverso uno schermo!

 

Quali sono i tuoi obiettivi futuri?

Il mio obiettivo è quello di continuare a dedicarmi alla ricerca in maniera sempre più autonoma. Questa esperienza mi sta permettendo di acquisire nuove competenze nello sviluppo e nell’applicazione di tecnologie esclusive per rispondere ad importanti quesiti nell’ambito della migrazione cellulare, tra i quali la risposta immunitaria contro i tumori e il controllo delle metastasi. Spero, quindi, di poter condividere le mie esperienze al mio ritorno in Italia e di sviluppare delle linee di ricerca indipendenti.