Tumori senza cura: la superiorità dell’uso delle nanoparticelle

Nell’ordine: Dott.ssa Elena Porcù, Prof. Giampietro Viola, Dott. Fatlum Rruga

Con il lavoro dal titolo “Improvement and extension of anti-EGFR targeting in breast cancer therapy by integration with the Avidin-Nucleic-Acid-Nano-Assemblies”, pubblicato su «Nature Communications», si è dimostrato che, per trasportare un farmaco verso il tumore, è più efficace legare l’anticorpo a una nanoparticella ANANAS invece che al farmaco stesso. Inoltre con questa metodologia si può aggredire il tumore al seno “triplo negativo”, ad oggi senza cura farmacologica.

La ricerca, nata dal Dipartimento di Scienze del Farmaco dell’Università di Padova, vede la collaborazione del Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino, all’interno dell’Istituto di Ricerca Pediatrica Città della Speranza, del Dipartimento di Medicina Molecolare e Traslazionale dell’Università di Brescia e dell’Istituto Weizmann in Israele.

Oggigiorno la terapia oncologica personalizzata si avvale di piccole molecole o anticorpi monoclonali in grado di riconoscere e aggredire specifici segnali/cascate metaboliche tipiche della patologia nei pazienti target, oppure di molecole ibride costituite da anticorpo e farmaco legati assieme (anticorpo-drug-conjugate – ADC), nelle quali l’anticorpo funge da trasportatore per il farmaco portandolo verso le cellule malate.

In questo contesto, nonostante il potenziale vantaggio teorico, la nanotecnologia – che si avvale dell’impiego di nanoparticelle per il trasporto dei farmaci (come nel “viaggio fantastico/allucinante” di Isaac Asimov) – non ha ancora dimostrato i suoi vantaggi nella medicina personalizzata.

Nel lavoro pubblicato su «Nature Communications», usando una classe di nanoparticelle (ANANAS) sviluppate all’Università di Padova dal team di ricerca guidato dalla Professoressa Margherita Morpurgo, si è dimostrato per la prima volta la superiorità dell’uso delle nanoparticelle rispetto a farmaci classici e alle molecole ibride anticorpo-farmaco. Tutto ciò, nel contesto del tumore al seno ‘triplo negativo’ (TNBC), una forma particolarmente grave di tumore che non risponde a nessuna terapia. Un anticorpo e un farmaco chemioterapico inefficaci in questo tumore, se opportunamente combinati con una nanoparticella ANANAS, riescono a superare le resistenze del tumore.

«Nello specifico abbiamo creato» dice Margherita Morpurgo «una nanoparticella che unisce un anticorpo terapeutico, il cetuximab, e un farmaco, la doxorubicina, (entrambi inattivi nel combattere il TNBC). I risultati della ricerca dimostrano in vitro e in vivo che, mentre entrambi i farmaci da soli o uniti fra di loro nel complesso ADC sono inefficaci, la nuova nano combinazione diventa estremamente efficace anche a dosi molto basse di ciascun componente, di fatto bypassando le difese che il tumore ha sviluppato contro la terapia».

Una doppia scoperta che da un lato dimostra la superiorità di un approccio nanotecnologico e dall’altro che si può aggredire il tumore al seno “triplo negativo”, ad oggi senza cura farmacologica, con una innovativa nano-combinazione efficace anche in dosi molto basse.

«È la prima volta che viene fatto un confronto quantitativo tra un approccio “classico” e l’uso della nanomedicina – continua Margherita Morpurgo – La dimostrazione della superiorità di questa ultima ha un significato importante per tutti coloro che lavorano in questo settore. Ad oggi, questa ricerca ha ricevuto pochi finanziamenti dedicati e la scoperta è frutto dell’entusiasmo di tutti coloro che ci hanno lavorato. Con questo risultato, che mette insieme tecnologie frutto di 15 anni di lavoro, ci sentiamo pronti ad ambire a finanziamenti “più strutturati” con i quali vorremmo accelerare la nostra ricerca, estendendola a più tumori oggi senza cura, oltreché accorciare la strada verso la traslazione al letto dei pazienti».

«Lo sviluppo di un farmaco basato sulla nanomedicina è più costoso di quello di un farmaco classico» sottolinea il Prof. Giampietro Viola, coautore della ricerca condotta anche nei laboratori di IRP con i ricercatori Fatlum Rruga ed Elena Porcù, «e ci vogliono delle motivazioni reali per giustificare questo sforzo. I risultati che abbiamo ottenuto sono veramente interessanti e sono sostenuti da una spiegazione meccanicistica a valore dell’approccio nanotecnologico. I dati portano speranza in contesti dove le terapie oggi disponibili non funzionano».

 

«L’efficacia terapeutica di queste nanoparticelle “istruite e direzionate” per portare il farmaco direttamente al tumore offre la possibilità di utilizzare a basse dosi antiblastici/chemioterapici estremamente potenti evitando i pesanti effetti collaterali. Inoltre, questo medesimo approccio può essere replicato per altri tipi di tumore per i quali non ci sono opzioni terapeutiche valide» conclude Roberto Ronca dell’Università di Brescia.